Chiesetta di Piedigrotta, il Comune deve versare subito 600mila euro alla famiglia dell'ex sindaco. Callipo: «L'ennesima cambiale»

Circa 600mila euro. È quanto il Comune di Pizzo si appresta a versare alla Signora Balotta, madre dell'ex sindaco Fernando Nicotra e precedente proprietaria dei terreni dove sorge la Chiesetta di Piedigrotta, oggi nella piena disponibilità dell'Ente.
La somma - per la precisione 595mila euro - rappresenta la prima trance di un debito complessivo pari a 800mila euro, che dovrà essere saldato per la parte residua entro febbraio 2014. La vicenda è stata illustrata oggi dal sindaco Gianluca Callipo, nel corso di una conferenza stampa (foto) a cui hanno preso parte anche l'assessore ai Lavori pubblici Maria Pascale ed il capogruppo del Pd in consiglio comunale, Raffaele Pulitano.
«Questa è l'ennesima "cambiale" lasciata in eredità dall'Amministrazione guidata da Nicotra, affiancato dall'allora vice sindaco Holmo Marino, che oggi è consigliere di minoranza - ha esordito Callipo -. Un debito frutto di una storia con molte ombre, dove l'unica cosa accecante nella sua nitidezza è l'enorme conflitto di interesse che investiva l'ex primo cittadino, figlio dei proprietari del terreno».
L'inizio della vicenda risale ai primi Anni '80, quando la famiglia Balotta decise di donare al Comune di Pizzo i terreni dove sorge la notissima chiesetta interamente scavata nella roccia viva. Un gesto senza dubbio encomiabile, a cui però seguì l'immobilismo dell'Ente, che non si attivò per perfezionare la donazione con un rogito notarile. A distanza di tempo, perdurando il silenzio da parte del Comune (a quell'epoca era sindaco Francescantonio Stillitani), la famiglia Balotta cambiò idea e chiese di ritornare nella piena disponibilità dei beni immobili in questione.


Nel 2002, quindi, viene avviato un contenzioso giudiziario dinnanzi al Tar, che terminerà nel 2008 con la sentenza che ha condannato Palazzo San Giorgio a risarcire i proprietari, riconoscendo contestualmente il passaggio di proprietà del bene in virtù dei numerosi investimenti pubblici fatti nel corso degli anni per consentire la fruizione della chiesetta, da sempre una delle principali mete religiose e turistiche della Calabria. Con la sentenza di condanna, il Tribunale amministrativo non stabilì però la somma da pagare a favore della famiglia Balotta, rimettendo la questione a un successivo accordo tra le parti, che però non venne raggiunto. La questione fu dunque risolta dalla Corte d'appello di Catanzaro, che nominò un consulente tecnico d'ufficio (Ctu), il quale stabilì l'entità del risarcimento in circa 2 milioni di euro.
«È stato soltanto grazie a noi, che appena ci siamo insediati abbiamo chiesto una nuova perizia, se la cifra iniziale è scesa a 800mila euro - ha continuato Callipo -. Ciò che appare incomprensibile, salvo a non voler pensare male, è l'immobilismo del Comune dinanzi alla sentenza di condanna. Nicotra e Marino, rispettivamente sindaco e vice sindaco nel 2008, quando il Tar decise, non si attivarono per ricorrere in appello, nonostante le sollecitazioni che venivano in questo senso dagli uffici comunali competenti e dagli avvocati che avevano assistito l'Ente in giudizio, come dimostrano numerose lettere e note ufficiali. Insomma, il Comune fece decadere i termini per il ricorso senza fare nulla. Perché? Marino, che oggi è un esponente della minoranza, avrebbe il dovere di spiegarlo alla città, che ora deve pagare il conto alla famiglia del suo ex sindaco. Sia chiaro, non discuto la sentenza, che come tale va rispettata - ha concluso Callipo -, ma considero gravissimo il fatto che gli amministratori allora in carica, tra cui Marino, non abbiano fatto ricorso in appello, come consigliato in atti ufficiali dai legali e dai dirigenti comunali».


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